In un contesto in cui tutto è spesso frenetico, prendersi cura della crescita lenta e serena di un essere vivente, come una pianta, ha un’efficacia educativa sorprendente.

Stare nell’orto, seminare a contatto con la terra, con gli elementi naturali che fanno trasformare semi in piante, può diventare a tutti gli effetti un’attività, che prende il nome di ortoterapia. Una terapia che coinvolge tutti i sensi e in particolare interessa tre aspetti: corpo, mente e spirito.

Il corpo perché, diventando protagonisti della crescita del cibo che poi ci alimenterà, comprendiamo l’importanza di un’alimentazione sana e dell’attività fisica.

La mente perché andiamo a stimolare l’apprendimento di competenze ormai dimenticate, attività manuali troppo spesso ignorate. Si sperimentano successi e fallimenti proprio attraverso la coltivazione delle piante e si acquisiscono o si raffinano nuove capacità e abilità pregresse. Cresce anche l’autostima, si acquista la consapevolezza del proprio valore e si rafforza la propria sicurezza. Il lavoro nell’orto può anche essere occasione di trovare un nuovo modo di esprimersi, sperimentando esercizi creativi che permettano di scoprire nuovi legami tra l’azione e il risultato.

E non per ultimo l’essere, l’aspetto più importante dell’uomo, ovvero lo stare bene, la ricerca della bellezza, il rispettarsi e, quindi, rispettare gli altri.

Fino a non molti anni fa la maggior parte dei bambini cresceva in ambienti rurali, la fattoria era la casa e lavorare nell’orto era un lavoro abituale, che dava la sensazione di avere un obiettivo comune, accresceva il senso di appartenenza, il legame con la terra e con la famiglia. L’esperienza dell’agricoltura gratificava l’istinto che tutti noi abbiamo di collaborare per nutrirci e raccogliere frutti.

Il lavoro della terra e in generale il contatto con la Natura, provoca immediato benessere e in un momento come l’infanzia, carico di paure, scoperte, inquietudini e gioie, può essere uno strumento per i ragazzi di maggiore consapevolezza di sé e di gestione delle problematiche. Attraverso l’orto educativo le difficoltà si ridimensionano e si gestiscono più facilmente, quando una persona si accetta, sente di avere un ruolo, si sente parte di qualcosa più grande.

Spesso oggi la fatica nella comunicazione tra generazioni è dovuta proprio alla mancanza di questa possibilità di svolgere un’attività comune. La condivisione, tipica dell’aspetto agricolo, è fondamentale per evitare la solitudine e per capire che le persone intorno non sono per forza rivali o avversari, ma possono essere alleati.

L’ortoterapia stimola poi la “voglia di bellezza”, in particolare nei bambini, si percepisce l’importanza di abbellire gli spazi comuni, di riempire i giardini di fiori e colori, accrescendo quindi spontaneamente il desiderio di cura per ciò che ci circonda.

Tuttavia, affinché l’ortoterapia si possa chiamare tale è necessario che accanto all’entusiasmo e alla motivazione ci sia sempre un pensiero progettuale che stia alla base di ogni singolo intervento e che ponga le sue radici nella pedagogia, vera e propria scienza necessaria all’atto dell’educare.

È dunque indispensabile la presenza di professionisti dell’educazione che possano tracciare adeguatamente gli obiettivi e le modalità e procedure con cui raggiungerli, per progettare dopo aver osservato, e continuare monitorando costantemente i processi che avvengono, e, se necessario, modificare il progetto in itinere, affiche oltre che bello e divertente, risulti efficace.

Nell’orto, bambini, ragazzi e adulti mescolano teoria e pratica, il pensiero e l’agito. In questo spazio si nutre infatti quell’intelligenza che comincia dalle mani e termina nella consapevolezza.

Parco Galileo a Cassina De’ Bracchi (Casatenovo, LC) è il nostro orto sociale, una piccola oasi felice, dove da anni hanno luogo le attività di Cooperative e Associazioni che partecipano al progetto di cura dello spazio verde. L’associazione SIMBIO promuove Cultura e Tecniche agricole sostenibili: no all’uso di pesticidi per le coltivazioni e si sperimentano nuove modalità di coltivazione nell’orto condiviso. L’obiettivo è stare insieme, mangiare e lavorare in sinergia in gruppo e trovarsi all’aperto in compagnia.

Proprio come una volta”: spesso si sente la nostalgia di “come si faceva da piccoli”, sempre più si sente il richiamo del “verde”, la necessità di spazi dove riossigenare la mente e dove poter stare bene. Dopo una giornata passata al lavoro, può essere un’ottima valvola di sfogo zappare le erbacce, rincalzare i pomodori, sudare lavorando e finalmente raccogliere i frutti di quello che si è faticosamente coltivato.

La Natura ripaga sempre gli sforzi, è generosa con chi si impegna per salvaguardare i suoi doni. La bellezza del silenzio mentre si lavora, e come un ossimoro, la bellezza delle chiacchere con gli altri volontari e anche le risate, magari al tramonto, per poi aspettare tutti insieme le lucciole, sentire le civette che come piccoli radar, ci avvisano che è ora di rientrare a casa.

Essere volontari di SIMBIO nel progetto Parco Galileo è anche questo. È una poesia durante una decisione di mettere pomodori e melanzane in quella zona o in un’altra. È una risata mentre la carriola è troppo pesante e bisogna farsi aiutare. È un cestino di semi regalato, pronto da essere donato alla terra per poter rigenerare un prato. 

Il nostro orto sociale permette dunque di migliorare la qualità della biodiversità biologica quanto la (bio)diversità culturale: le relazioni tra gli esseri viventi, anche umani, si sviluppano e arricchiscono e questo produce effetti benefici per l’ecosistema Parco Galileo.

 

FONTI:
La terra cura chi cura la terra, Marco Vertemati, Aprile 2017, Università degli Studi di Milano
Introduzione all’ortoterapia, Pia Pera, 1999
L’orto delle meraviglie, Bertaccini, 2015

Marco Vertemati

Educatore professionale, che ha fatto dell’ Orto il suo credo ?da anni impegnato in progetti di Orti Scolastici e responsabile di Fattoria Sociale. Asinaro per passione e conduttore di attività con bambini e fasce deboli. Musicista eclettico e sempre impegnato in mille progetti social/green. Volontario e membro del Direttivo SIMBIO da tre anni.

Alice Impelliccieri

Alice è educatrice professionale, ed ha vissuto alcuni anni nell'Amazzonia Peruviana lavorando con popolazioni indigene, luogo in cui è nato il suo interesse per la salvaguardia ambientale. Collabora con Simbio dal 2016.

Paola Cazzaniga

Educatrice professionale da anni impegnata nella conduzione di piccoli gruppi di bambini in esperienze con la Natura e animali. “Ortista” anche per lavoro e appassionata di autoproduzione di prodotti per la pulizia della casa e igiene della persona. Volontaria nel Parco SIMBIO da due anni.